venerdì 12 dicembre 2008

I LIBRI PIÙ ANTICHI SUI SOGNI

Sembra che l’interpretazione dei sogni già esistesse dal III millennio a.C. e sono molte le opere giunte fino ai giorni nostri e dalle quali è possibile ottenere notizie, tra l’altro avvalorate anche dall’archeologia e dalla letteratura che spesso forniscono informazioni ulteriori circa l’importanza attribuita dagli antichi ai sogni.
Il testo più antico circa l’interpretazione dei simboli onirici è egizio, intitolato il Libro dei sogni ie-ratico che gli studiosi fanno risalire al 2052-1778 a.C.
Nell’area mesopotamica un riferimento importante è la biblioteca del re babilonese Assurbanipal (668-626 a.C.) a Ninive, nella quale erano conservate molte tavolette incise con caratteri cuneiformi. Gli studiosi scoprirono che alcune di queste incisioni erano contemporanee, mentre altre erano molto più antiche: tra queste si trovarono dei frammenti di “chiavi interpretative” dei sogni, e in particolare emerse un testo completo sui sogni, il Libro dei sogni assiro, risalente all’epoca del re Hammurabi (1728-1626 a.C.). Questo testo mitologico ritrovato nella biblioteca del re Assurbanipal è tra i più antichi del mondo e servì ad Artemidoro di Daldi (II secolo d.C.) per realizzare la sua importante opera sui sogni, Oneirocritica, cioè “l’interpretazione dei sogni”.


Bibliografia
G. Lomazzi, Interpretare i sogni, Rusconi libri srl, Rimini 2004

mercoledì 3 dicembre 2008

Perchè dimentichiamo i sogni?

Gli studiosi del sonno sostengono che tutti sognano, almeno quattro o cinque volte per notte, e questo dato è dimostrato in diverse occasioni sperimentali di laboratorio, dove i ricercatori hanno monitorato le onde cerebrali dei dormienti. I pazienti sottoposti a questi esperimenti vengono risvegliati dopo ciascuna fase di sonno REM (rapid eyes movements) e si chiede loro di raccontare i sogni fatti in quell’episodio (effettuando la registrazione vocale). Al mattino, i pazienti, che pur negano di aver sognato in quanto non ricordano di averlo fatto, rimangono sbalorditi nel sentire la loro voce raccontare i sogni che non ricordano di aver fatto la notte stessa.
S. Freud sosteneva che abbiamo bisogno di reprimere i nostri sogni, quindi dimenticarli è un fatto di difesa (censura), come anche il fatto di camuffare i sogni o i simboli che compaiono nella scena onirica. Un altro fattore che limita il ricordo dei sogni è, per questo autore, il transfert che ha luogo nel momento in cui il paziente racconta il sogno all’analista.
Lo psichiatra J. Allan Hobson sostiene che, per gli studiosi della neuroscienza cognitiva del sonno, l’amnesia ha una origine organica(1) . Nel sonno REM le cellule cerebrali che secernono le sostanze chimiche necessarie affinché il ricordo possa rimanere sono disattivate! Si tratterebbe di una modificazione della chimica cerebrale che per alcuni studiosi, come la psicologa Gayle Delaney(2) , potrebbe anche essere legata a caratteristiche cognitive importanti come:
1) la perdita della consapevolezza riflessiva
2) la perdita della capacità di giudizio critico
3) la perdita della logica lineare
che portano tuttavia ai seguenti “vantaggi”:
a) il coinvolgimento totale del sogno
b) l’accettazione degli eventi più strani
c) aumento del pensiero analogico
Quindi, sostiene il prof. Hobson, sembra scientificamente giustificabile considerare il cervello che sogna come biologicamente teso ad una elaborazione metaforica delle informazioni.
Studi sperimentali condotti nell’ambito del cognitivismo hanno evidenziato che gli uomini a “pensiero divergente” (ovvero coloro in cui domina l’emisfero destro del cervello, che è il più attivo nel sogno) ricorderebbero più facilmente i sogni rispetto a chi ha una predominanza dell’emisfero sinistro del cervello (“pensiero convergente”). Questi ultimi tenderebbero a dimenticare molto più spesso i propri sogni.
Altri studiosi ritengono che il risveglio graduale non faciliti il ricordo del sogno: svegliarsi bruscamente in piena notte, invece, aiuterebbe il soggetto a ricordare meglio i propri sogni, specialmente i più lunghi ed emotivamente molto intensi. In generale, poi, tenderebbero a dimenticare i propri sogni:
a) soggetti a personalità repressiva e poco creativa (sperimentazioni condotte su studenti di ingegneria comparati a studenti di discipline artistiche);
b) coloro i quali fanno sogni logici, realistici;
c) soggetti ad alta memoria visiva, poiché essi non si meravigliano dei sogni che fanno, ma anzi collegano gli avvenimenti visualizzati nel sogno a fatti diurni.
Persone particolarmente ansiose ed introspettive, invece, tenderebbero di più a ricordare i propri sogni.
Secondo l’Ontopsicologia, il fatto di non ricordare i sogni può dipendere da due fattori:
1) il soggetto è in fase di resistenza, il suo Io logico storico è rigido e non permette alle informazioni organismiche di filtrare;
2) il soggetto è in fase di autoctisi storica, per cui non sono presenti sogni strutturali che debbano segnalare “guasti”.

Tuttavia imparare a ricordare i sogni è possibile…
La pratica terapeutica che dal 1974 è portata avanti da G. Delaney nel suo studio di consulenza, e gli studi condotti dal 1982 all’interno dell’Associazione per lo Studio dei Sogni, porta la psicologa a sostenere che è possibile apprendere con delle semplici regole a ricordare i sogni, e anche ad indirizzare la mente a lavorare su specifici problemi formulati appena prima di addormentarsi.
Si tratta ad esempio di acquisire l’abitudine di dormire con un quaderno accanto al letto, scrivere la data prima di addormentarsi e registrare tutto ciò che al risveglio si ricorda. Se non si ricordano scene particolari, occorre scrivere i pensieri che vengono in mente, in modo da stimolare il ricordo di qualcosa, in quanto il fatto di abituarsi a scrivere anche brevi frammenti aiuta a migliorare la capacità di ricordare.
La Delaney sostiene che a volte è sufficiente concentrarsi su una sensazione che si prova al risveglio per rammentare il sogno, restando fermi un attimo e ponendosi nella posizione che si preferisce durante il sonno. In tal modo si potrebbe risvegliare il ricordo di uno o due sogni.
È buona abitudine evitare di svegliarsi con la radio che parla o la musica, perché in genere rendono più difficile ricordare, mentre è preferibile una sveglia dalla suoneria delicata ma sarebbe ancora meglio svegliarsi senza dispositivi acustici.
Quindi si tratterebbe solo di acquisire delle abitudini utili a “combattere” la pigrizia tipica del mattino che ci impedisce di ricordare.

L’Ontopsicologia afferma che, per dormire e sognare bene, e quindi poter ricordare i sogni, innanzitutto è indispensabile avere cura del luogo in cui si dorme, soprattutto della stanza e di tutti gli oggetti presenti,  avere quindi  una sorta di “ecologia del sonno”. 
Fatto questo, bisogna apprendere – attraverso un tirocinio personale – a non deresponsabilizzarsi durante il sonno, ma al contrario ad intervenire nel sogno per evitare che interferenze esterne (ad esempio semantiche assorbite durante il giorno) o la reviviscenza dei propri complessi possano impedire lo scopo fondamentale del sonno, ovvero la ricostituzione dell’unità di azione bio-fisio-psicologica della persona e del suo organismo. “Per il divenire psichico, la notte è più importante del giorno; chi è in grado di possedere la propria notte, possiede la propria vita” (Antonio Meneghetti).


Bibliografia
AA.VV., Garzantina Universale, Ed. Garzanti, Milano 2006
G. Delaney, Breakthrough Dreaming, trad. it. Il significato dei sogni, Sperling & Kupfer Editori, 1998 – Edizione Club degli Editori spa, Milano
A. Meneghetti, Prontuario immagogico, Psicologica Ed., Roma 2005, IV ed.
A. Meneghetti, L’immagine e l’inconscio, Psicologica Ed., Roma 2003, III ed.

(1) J. Allan Hobson, Prefazione al libro Breakthrough Dreaming. Il prof. Hobson è professore di Psichiatria all’Harvard Medical School e direttore del Laboratorio di neurofisiologia del Massachusetts Mental Health Center. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta le sue ricerche, iniziate con Giuseppe Moruzzi all’Istituto di Fisiologia dell’Università di Pisa, sono progressivamente diventate un punto di riferimento di primo piano. La sua teoria dell’attivazione-sintesi costituisce oggi il modello teorico privilegiato nello studio del sonno e del sogno.
(2) Ph. in Psicologia clinica, è presidente e fondatrice dell’Associazione per lo studio dei sogni e si dedica da oltre venti anni ad insegnare e a diffondere le sue tecniche interpretative. Con la dr. Loma Flower dirige il Center for Study of Dreams di San Francisco